Edith, la signora della vaniglia


oui, madame Jaomazava,
ta vanille est exceptionnelle…”

 
Questo, quasi certamente, potrebbe essere l’incipit di un’intervista o di un trafiletto della storia che andrò a raccontarvi…. sì, ma un passo alla volta.
L’altro venerdì, approfittando di una mezza giornata di riposo dagli impegni associativi, mi trastullavo sul web alla ricerca di un’ispirazione, di una storia bella e interessante per un prossimo post.
Volevo scrivere della vaniglia e speravo di incontrare una di quelle “favole” che meritano di essere tramandate o perché hanno qualcosa da insegnarci (presupposto 1) o perché tanto generose da concederci il lusso di sognare (presupposto 2), anche solo per un attimo, nella grigia e monotona quotidianità.
Una mezz’ora di ispezione e quasi per incanto eccola lì: una storia incredibile e, per chi ne conosce dettagli e finale, una realtà romantica, uno splendido caso di coraggio e di impegno sociale e umanitario che, col tempo, trasmuta in un progetto di business vincente.
Questa, gente, è la storia di Edith, “la signora della vaniglia”.
Edith Elise Jaomazava è una donna di origini malgasce che oramai dal 1997 vive a Moncalieri (Torino). Sposata con un piemontese, conosciuto tempo addietro sull’isola africana, la coppia ha 4 figli; eppure, nonostante la prole generosa, la vita di Edith fino al 2004 non è completa senza un lavoro (e come darle torto!).
La signora si trova, suo malgrado, ad affrontare i pregiudizi e la diffidenza di quei molti che ignorano la storia e le storie degli altri. Quando parlo di storia, intendo proprio la materia tanto vituperata sui banchi di scuola; quando scrivo di storie, mi riferisco invece alle vicende umane di quei molti stranieri che, per certi versi, non sono poi così distanti dalle nostre.
Ecco però che, come sempre o quasi, in situazioni del genere, affiora ciò che non ti aspetti... un ricordo in questo caso: le parole della nonna che da bambina le suggeriva di imparare a lavorare la vaniglia, per garantirsi un futuro migliore (in famiglia lo facevano già da 4 generazioni) … e il gioco è fatto!
 
Importare spezie dal Madagascar, vaniglia soprattutto, per poi rivenderle in Italia.

Tutto allora, quasi fosse un gioco, ha inizio e dopo un po’ di tempo, anzi, dopo un bel po’ di tempo…
… nel 2010, Edith è eletta imprenditrice immigrata dell'anno!!!
La sua scommessa è vinta e col suo premio - il MoneyGram Award riconosciutole dal Ministero dello Sviluppo Economico tramite una commissione di esperti in economia, finanza e sociale - fonda una onlus, “Passerelle Onlus Italia”, che ha come scopo quello di aiutare le donne e i bambini del suo paese natale.
Oggi la sua azienda, la SA.VA. (www.vanigliabourbon.com), oltre a rifornire il mercato con un prodotto di primissima qualità e a prezzi competitivi, dà lavoro stagionale a centinaia di africane.
 
 
Recentemente Edith ha pure aperto un negozio, “l’Atelier Madagascar”, in centro a Torino, dove vende spezie provenienti da ogni angolo del mondo… e il cerchio si è chiuso!
 
 
Ero alla ricerca di una bella storia da raccontare? Beh, sono stato fortunato!
… anche perché, oltre ad aver imparato qualcosa (presupposto 1), ho “visto” un vascello sgangherato, battente bandiera francese, dondolarsi lento e carico di spezie esotiche tra le acque tropicali e, nella quiete sconfinata dell’oceano, ho “sentito” riecheggiare i canti degli schiavi di fine ‘800 sotto il cielo terso di una terra d’oltremare - una vecchia cartolina affrancata chissà quando, con un po’ di ceralacca, che, a dispetto del tempo e della salsedine, odora ancora di yuta… e di vaniglia (presupposto 2).

Bonne chance Edith, au revoir…

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