Citazioni più o meno note

"Ciò da cui l’espansione europea ha preso avvio non ha nulla a che vedere con la nascita di una qualche religione o con l’ascesa del capitalismo, ma ha moltissimo a che fare col pepe


tratto da: "Seeds of Change, Five Plants That Transformed Mankind" di Henry Hobhouse
 

I “farmaci generici” esistevano già nel Medioevo...

Nel Medioevo sia le erbe che le spezie erano largamente impiegate in moltissimi rimedi farmaceutici e la prova l’abbiamo all’interno dei manuali dell’epoca, uno tra tutti il CIRCA INSTANS. I medici del tempo distinguevano le erbe e i prodotti esotici, e mentre le specie locali venivano prescritte ai poveri, le spezie, raffinate e costose, erano prerogativa dei ricchi signori.
In una poesia del XI secolo si legge: “ in cambio di sole parole [di gratitudine], diamo erbe di montagna, ma per la vera moneta raccomandiamo spezie ed essenze aromatiche”. 1



Così lontani, così vicini…

Sembra strabiliante, passatemi sconvolgente, immaginare che le spezie possano essere state, millenni addietro, le protagoniste nel creare un legame tra due mondi, l’Oriente e l’Occidente, apparentemente così lontani. Invece la storia del loro commercio pare imboccare proprio questa strada.
Nonostante infatti le oggettive difficoltà del tempo è ormai risaputo che il loro trasporto avveniva con estrema regolarità ed efficienza.
E, contrariamente a quanto vorrebbe farci credere la visione mediterranea nello studio del mondo antico, i due emisferi non sarebbero stati due mondi separati, bensì due realtà perfettamente consapevoli l’una dell’altra, dialoganti, in continuo contatto.
La storia delle spezie allora non è una favoletta medievale sulle origini e il commercio degli aromi, ma una realtà fatta di incontri, scambi e mescolanza di genti che, ammaliate dal loro fascino, andarono incontro ad incomprensioni, guerre e sopraffazioni, ma, in egual modo, conoscenze, alleanze e amicizie.

Una straordinaria forma di cooperazione in un’ottica marcatamente cosmopolita

"Il sole splendeva sulle terrazze aperte, sui magazzini vicino ai porti, sulle torrette dalle finestre munite di grate, simili a occhi di cervo. In diversi punti di Puhar (città dello stato indiano del Tamil Nadu) lo sguardo si arrestava incantato sulle dimore degli Yavana (mercanti greco-romani), la cui prosperità non era mai in declino. Al porto si potevano vedere marinai provenienti da terre lontane, che però davano in tutto l’impressione di vivere in una sola comunità. Nelle vie della città circolavano venditori ambulanti di belletti, di polveri da bagno, di creme rinfrescanti, di fiori, d’incenso, di aromi fragranti. Si potevano vedere tessitori fare affari con stoffe composte di seta, pelliccia e cotone. Strade intere traboccavano di sete, coralli, sandalo e mirra, oltre alla ricchezza di ornamenti rari, di perle perfette, di gemme e oro dal valore incalcolabile".
(tratto da: canto V di “The Lay of the Anklet”, poema epico letteratura Tamil, I e II sec. d.C.) 
 
  

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